Nessun umano (politico o no) è “neutro”, al massimo è perbene

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Il Presidente Sergio Mattarella ha deciso: avremo un capo del governo “tecnico” (mascherato da “neutro”) e saranno i parlamentari a decidere se vorranno seguire i suoi suggerimenti ovvero se accettare la sfida implicita che c’è nell’opzione di andare subito a nuove elezioni. Aveva appena raccontato la genesi della crisi e prospettate le sue decisioni che a stretto giro di tweet era arrivata la risposta dei rappresentanti del 70% dei cittadini: “Voteremo contro e vogliamo le elezioni subito”. Sono certo che il Presidente si attendesse questa risposta, ma il suo ruolo gli imponeva di fare quello che ha fatto. Comunque è stato impeccabile, anche se si capiva la sua delusione. Il 2.0 non è il suo mondo.

Un’unica osservazione al discorso: ho trovato fuori luogo il termine “neutro”. Nessun umano è “neutro”, anche il più onesto, il più intellettualmente indipendente di noi, è intriso di ideologie di ogni tipo, molti di noi le hanno via via pure cambiate. Essendo vecchio ho avuto il privilegio di conoscere individui che hanno sposato il fascismo da giovani, il comunismo nell’età adulta, hanno chiuso, diventando cattivi, con una sintesi dei due, qual è il cosmopolitismo oggi al potere in tutto l’Occidente. Non sono “neutri” i magistrati (come ovvio infinite le sfumature che singolarmente li percorre), non lo sono i giudici della Consulta, non lo è il Presidente della Repubblica, non lo è nessuno delle élite, com’è umano che sia. Figuriamoci noi cittadini comuni, che non abbiamo neppure giurato. Piuttosto che “neutro” userei il termine “perbene”: è la massima qualità politica alla quale possiamo ambire come umani.

E poi “neutro” per noi cittadini comuni significa “tecnici” e, visti i risultati consuntivati da quelli messi alla prova, ormai in politica non sono più ammessi. Sono insopportabili con la loro puzza al naso: si facciano eleggere, poi ne parliamo.

Come analista ho deciso di mettermi in mutua per qualche giorno e di osservare dai miei amati interstizi ove campo, come si muovono i vari personaggi.

Il 4 dicembre 2016, il 4 marzo 2018, ora le nuove elezioni, hanno costretto l’establishment ad abbandonare la strategia del Partito della Nazione, e puntare sul Pd “derenzizzato” di Paolo Gentiloni.

Il povero Silvio Berlusconi sarà “prigioniero” del centrodestra di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni, con buona pace di Gianni Letta (il suo figlio adottivo, l’altro Matteo, dovrà salvare la pelle dai suoi amici del Pd e di LeU). E Salvini dovrà capire che la gestione di un paese occidentale è esercizio più complesso di quello che appare a prima vista. Di certo non praticabile con l’uso di slide contenenti per ora solo slogan (Euro, Europa, Legge Fornero, Flat Tax) paragonabili a quelle che hanno reso Matteo Renzi il politico più odiato d’Italia (francamente non trovo spiegazioni a questo estremismo popolare: era uno dei tanti cacciaballe presenti fra le nostre élite, nulla più).

Mi auguro che Luigi Di Maio e tutto l’apparato di vertice dei pentastellati abbiano capito che questi mesi post 4 marzo sono stati per loro un prezioso periodo per apprendere le regole minime della gestione di un Paese. Gli obiettivi sono importanti, ma solo se li si sa trasformare in execution quindi in risultati. I cittadini giudicano solo in base ai risultati, per questo il pollice verso il Pd e Fi che hanno sostenuto tutti i governi da Mario Monti in giù.

In conclusione, cari amici del centrodestra e pentastellati cominciate, con i vostri “tecnici”, a fare una due diligence a tappeto della situazione politico-economica del Paese che presto sarete chiamati a gestire. Ne scoprirete delle belle. Auguri a tutti, vincitori e sconfitti.

www.riccardoruggeri.eu

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