E’ Gesù che dà a noi il documento di cittadinanza. 

“E’ Gesù che dà a noi il documento di cittadinanza” è la frase chiave del discorso di Natale di Papa Bergoglio. Frase ad altissimo contenuto politico (oltre che di geniale valore comunicazionale), rivolta sia all’interno della Chiesa che al Mondo. E’ dedicata, volontariamente o involontariamente non so, anche a uno spicchio del paese, quello del popolo di sinistra. Inutile nasconderlo, avrà effetti temo devastanti nel Pd di Matteo Renzi. Sullo jus soli si è consumata la rottura definitiva a sinistra, voluta dalla sua mente politica più raffinata, quel Massimo D’Alema al quale un Renzi, ahimè sprovveduto, ha regalato, continuando a ironizzare su di lui, supportato dalle claque di regime, una seconda giovinezza politica. Lui l’ha messa a reddito. Purtroppo per Renzi, fa pendant con la seconda giovinezza donata, gratis, a Silvio Berlusconi.

Perché devastante? Perché potrebbe fargli perdere quei voti di sinistra che ci sono ancora nelle anse periferiche del corpaccione del Pd, voti della piccola borghesia colta, della burocrazia statale, dei pensionati privilegiati, facendolo precipitare al 20%, e portando Pietro Grasso verso il 10%. Se così fosse Renzi sarebbe riuscito a eguagliare, in pochi anni, il modello fallimentare di Tony Blair, inventore a tavolino di uno schema che vent’anni dopo avrebbe portato alla stupefacente leadership del marziano Jeremy Corbyn.

La politica italiana era il secondo destinatario del discorso, il primo era l’establishment della Chiesa, che noi impropriamente chiamiamo Curia. In realtà oggi non è facile individuare il vero centro del potere (il luogo mitico ove si pratica l’execution) di una organizzazione molto complessa com’è la Chiesa, paragonabile a tutti gli effetti a quella di una multinazionale. Qua Bergoglio potrebbe essersi accorto di aver fallito: la modalità antica, e tipica della Chiesa, di gestire il cambiamento con il classico “promoveatur ut amoveatur” e con le sostituzioni in posti chiave di personaggi al limite della stravaganza, potrebbero essersi rivelate improprie. I processi di successione delle figure organizzative chiave devono marciare a braccetto con il mutamento della strategia, per il continuo riposizionamento di obiettivi e di risultati. E ci vogliono grandi capacità per selezionare monsignori con le skill giuste e coerenti con i tempi, gli obiettivi, le strategie.

Per fare ciò devi conoscere nei minimi dettagli il processo informativo-decisionale, sapere dove sono allocati gli snodi di potere occulti, quelli che possono velocizzare o rallentare il processo, e che quasi mai coincidono con la figura apicale del cardinale che ne è (formalmente) a capo. Oggi le due organizzazioni più complesse al mondo sono il PCC cinese e la Chiesa cattolica, il primo chiamato a dominare il mondo senza l’uso delle armi, ma con la comunicazione e il ricatto economico, il secondo a sopravvivere nel malmostoso mondo degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale. Mi pare che entrambi i Regni siano assimilabili alla Dinastia Tang, l’una al II Periodo (le donne nei posti occulti), l’altra al III Periodo (gli eunuchi nei posti chiave), dove il ruolo dell’Imperatore poteva essere formale o determinante a seconda del periodo storico.

In realtà la gran massa dei cattolici, quelli almeno che vivono immersi nella laicità del vivere moderno, ha imparato il suo linguaggio, sa distinguere i discorsi del Papa, e pure segmenti dei discorsi stessi. Per esempio, io cattolico nature sono in grado di capire quando il Papa parla o come Francesco o come Bergoglio. Come ovvio quando parla come Francesco mi identifico totalmente con lui e la sua parola è condivisa in toto. Nella fattispecie, nel segmento del suo discorso riferito alla cittadinanza era evidente che parlava Bergoglio, la frase l’ho trovata suggestiva, geniale per l’alto tasso comunicativo che conteneva, ma non pretendeva certo che noi fedeli identificassimo Gesù con l’Anagrafe.

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