I De Benedetti a Repubblica non possono più permettersi il 4-2-3-1

Questo è il terzo Cameo che dedico, in pochi giorni, alla vicenda Famiglia De Benedetti-Repubblica. Con i primi due mi sono messo nei panni di Eugenio Scalfari e di Carlo De Benedetti, in questo mi metto nei panni della Famiglia De Benedetti. Ovviamente per gioco, per me tutto ciò null’altro è che puro divertissement intellettuale di vecchio studioso delle dinamiche delle leadership. Un business case ove c’è tutto quello che un giornalista-studioso sogna, ci sono, in ordine di apparizione: il “vecchio” (Scalfari), il “cattivo” (l’ingegner Carlo), il “finto buono” (Calabresi), il “figlio buono del cattivo” (il dottor Marco), il “business”: l’editoria ai tempi della crisi irreversibile (?) del cartaceo, affrontata identificandosi in un leader bollito e in un partito in crisi profonda. Il contesto è dato e non modificabile.

Rapido riassunto, per i lettori che si fossero distratti.

Primo atto. Eugenio Scalfari rispondendo a una innocente domanda di Giovanni Floris: “Fra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio chi sceglierebbe?” Scalfari attende un paio di secondi poi, a dimostrazione che non c’era nulla di preparato, risponde sincero: Berlusconi. Non per vanità, ma per ruolo (è stato per tutta la vita un assistente colto dell’establishment liberal e radical chic romano) la risposta è, non solo sincera, ma giusta, dal suo punto di vista. A questo punto si innesca un processo inarrestabile: tutti contro di lui che, in perfetto stile brezneviano, se la cava con un’elegante autocritica scritta. Il suo (loro) candidato Matteo Renzi sta collassando, serve ossigeno per tenerlo ad ogni costo in vita, come fosse il Generalissimo Franco 2.0, almeno fino al 4 marzo. Il vecchio Cav. ha ancora fiato da vendere, però, come imprenditore, è sotto schiaffo (nella sua gerarchia dei valori, in testa a tutto c’è sempre la difesa della “roba”), i suoi voti sono indispensabili per l’uomo che l’Europa ha scelto come garante: Paolo Gentiloni, butler perfetto per intelligenza, onestà, stile. Quindi si deglutiscano tutti i rospi necessari ma ci si arruffiani con il Cav. q.b. Scalfari ha subito capito che, nell’interesse dell’establishment, era l’unica strategia praticabile. Gli altri no.

Secondo atto. Carlo De Benedetti, intervistato da Lilli Gruber, fa delle critiche al management e alla direzione in ottica imprenditoriale, anche se, avendo donato ai tre figli tutti i pacchetti azionari di sua proprietà, formalmente non ne aveva diritto. Contro di lui si scatena un’inaudita aggressione da parte di direzione, grandi firme, redazione, capitanati dal Fondatore. L’ingegner Carlo, incassa, si mette sul bordo del fiume, tace e osserva.

Terzo atto. Il vice direttore di Repubblica Dario Cesto-Dina con una aggressiva intervista all’editore Marco De Benedetti, riesce a estorcergli una serie di risposte tranquillizzanti e di curiose promesse sul (non) ruolo della proprietà. Il dottor Marco ripete che devono stare tutti sereni, assicura che la giovane proprietà sta con loro, cerca di anestetizzare il contesto. Però, nessuno degli attori, salvo l’ingegner Carlo, ha finora avuto il coraggio di porsi la domanda vera: abbiamo ancora una linea editoriale?

Con l’ingegner Carlo al timone e la direzione Ezio Mauro la linea editoriale di Repubblica, poteva piacere o meno, ma era chiara, ora non più. Ha preso atto che Matteo Renzi non ha “ringiovanito” la Sinistra ma l’ha semplicemente distrutta? L’analisi migliore sul PdR (invenzione di Repubblica) resta quella di Sabrina Ferilli, che è poi quella del popolo di sinistra che non lo vota più. Perché Repubblica si è accodata alla strategia suicida di Renzi? Il 4 dicembre 2016 ha certificato la morte del renzismo, possibile che nessuno si chieda perché sulla figura di Renzi si stia concentrando una tal massa di critiche popolari, a volte persino cervellotiche? Renzi ha perso la premiership, probabilmente per sempre, e Repubblica cosa ha perso?
Passata questa buriana emotiva, Repubblica, e il suo editore in primis (e qui deve rientrare in gioco la Famiglia De Benedetti), dovranno riflettere a lungo per un riposizionamento strategico del giornale. Per anni sono campati con il brillante “4-2-3-1”. Ora non se lo possono più permettere. Che fare?

www.riccardoruggeri.eu

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